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Quella di Santa Lucia è la seconda festa nel mese di Dicembre, dopo l’Immacolata Concezione, amata dai siciliani. Anzi amatissima.
Dove le buone forchette, non attendono altro che svegliarsi col profumo di tante specialità, consacrando questo giorno all’assunzione libera di varie prelibatezze. Anche la mamma, che magari solitamente ti dice di mangiare meno per non ingrassare troppo, il giorno di Santa Lucia non dice nulla, poiché questa è una festa religiosa, e come tutte le tradizioni, si deve rispettare fino all’ultimo.
Andiamoci per ordine, facendo una breve introduzione su chi era Lucia e perché diventò Santa.
Lucia era una giovane siracusana borghese e cristiana, che viveva sola con la mamma Eutichia, dopo la morte, durante la suainfanzia, del suo papà.
La sua adorata mamma contrasse una grave malattia del sangue, e Lucia, andata a Catania, fece voto di castità e di rinuncia della vita agiata che conduceva sul sepolcro di Sant’Agata.
Tornata a Siracusa, Eutichia guarì, e Lucia, rinunciò al matrimonio e convinse la madre a cedere tutti i loro beni a sostegno dei poveri.
Il fidanzato, risentito per la sua rinuncia al matrimonio, la denunciò come cristiana, in un periodo in cui imperversava la persecuzione dei cristiani da parte di Diocleziano. Cadde nelle mani di Pascasio, console di Siracusa, che voleva costringerla ad abiurare. La torturò ed infine le conficcò un pugnale nella gola.
Morì martire il 13 Dicembre 304 e divenne presto Santa e Patrona di Siracusa.
La leggenda vuole che, durante la tortura si sia strappata gli occhi, e per questo viene raffigurata spesso nell’iconografia con un piatto in mano, in cui ci sono i suoi occhi. Per questo motivo viene considerata dai devoti la protettrice degli occhi.
Tanti sono i miracoli a lei attribuiti, come la salvezza da carestie e
terremoti. Una particolarmente nota, vuole che Palermo fosse stata investita da una carestia che durava da parecchio tempo, e Santa Lucia salvò la popolazione facendo approdare sulle rive un carico pieno di frumento. Da quel momento, il 13 Dicembre sulle tavole dei siciliani, sono
banditi pasta, pane e derivati.
Santa Lucia, viene festeggiata in varie parti d’Italia, in cui si è soliti
portare doni ai bambini che avranno scritto una letterina alla Santa, ed anche all’estero.
Per i Palermitani, e siciliani in genere, la giornata comincia mangiando porzioni di cuccia lavorata con la ricotta o con il cioccolato.


La cuccia, il cui nome deriva da “cocciu”(chicco), è grano tenero; anticamente veniva preparato con le verdure, ma poi divenne un piatto dolce.
Successivamente, e durante l’intera giornata, si dovrà mangiare arancine, nelle
innumerevoli varianti disponibili, anche al cioccolato. A pranzo solitamente i palermitani per non mangiare la pasta si rifanno al riso che viene consumato a “minestra” con l’associazione di “sparaccieddi”, che comunemente gli italici chiamano broccoletti ; a cena gateau di patate e
pannelle appena fritte. È meraviglioso vedere gruppi di persone affollare le varie rosticcerie e bar, per acquistare tutte queste leccornie, e gli amici scambiarsi le arancine della mamma e talora della nonna.
A questo punto, alcune di queste ricette, in modo che ognuno possa preparare con le proprie mani questi piatti succulenti.



Cuccia con la ricotta

Ingredienti:
1000 gr di grano tenero
700 gr di ricotta
300 gr di zucchero
zuccata a piacere a pezzi
200 gr di cioccolato fondente a pezzetti
1 pizzico di sale
1 pizzico di vaniglia
ciliegie candite a piacere

Mettete in acqua il grano tre giorni prima, cambiando l’acqua ogni giorno.
Cuocete in acqua con un pizzico di sale, per circa 3 ore e mezzo. Scolate e fate
raffreddare. A parte, passate al setaccio la ricotta, lo zucchero e un pizzico
di vaniglia. Ponete il grano e la ricotta lavorata in una ciotola abbastanza
grande e aggiungete il cioccolato e la zuccata. Mescolate e guarnite con
ciliegie candite.




Arancina

Ingredienti:
1000 gr di riso
1.5 litri circa di brodo vegetale+1 bustina di zafferano
150 gr di farina
150 gr di parmigiano
6 uova
150 gr di pangrattato
olio di semi
sale
pepe
Per il ripieno
1 litro di salsa
2 cipolle
500 gr di tritato
150 gr di piselli
3 carote tagliate a pezzettini
sale
pepe
olio
Soffriggete 1 cipolla, versatevi il riso crudo, tostatelo e allungate con il
brodo. Appena pronto, aggiungete il parmigiano, mescolate per bene, e lasciate raffreddare.
A parte, soffriggete l’altra cipolla, versate il tritato, fatelo dorare,
aggiungete i piselli e le carote, e versate la salsa, che aggiusterete di sale, pepe e zucchero. Fate con il riso delle palline e mettete nel centro un po’ del condimento che avete preparato. Adesso, passate le vostre palline prima nella farina, poi nell’uovo sbattuto ed infine nel pangrattato, e friggete.

 

Molto diffusa è l’usanza, a Palermo di mangiare per Santa Lucia, arancine al cioccolato. Vi indico la ricetta.
Ingredienti
500 gr di riso
200 gr di cioccolato fondente a pezzetti
70 gr di farina
70 gr di pangrattato
3 uova
zucchero q.b.
Fate bollire il riso in acqua salata. Scolate e fate raffreddare. Formate delle palline in cui aggiungerete un pezzo sostanzioso di cioccolato. Passate nella farina, nell’uovo sbattuto e nel pangrattato e friggete. Appena pronte, spolverate con abbondante zucchero.




Gateau di patate

Ingredienti
1.5 kg di patate
2 uova
150 gr di parmigiano
50 gr di burro
400 gr di ragù (da preparare come nella ricetta per il ripieno delle arancine)
50 gr di pangrattato
sale
Bollite le patate, spellatele, passatele al setaccio e fatele raffreddare.
Amalgamatele con le uova, il parmigiano, il burro e un po’ di sale. Oleate la teglia e spolveratela con il pangrattato, mettete un primo stato di patate, versate tutto il ragù, e coprite con un secondo strato di patate. Spolverate di pangrattato e irrorate con un filo d’olio. Mettete al forno a 180° per circa mezz’ora, fino a quando risulterà ben dorato.




 

 

STIGGHIOLA

Un denso fumo che si eleva da una griglia, un odore piccante e stregante, richiama i frequentatori di uno strano individuo “ù stigghiularu”, li ad armeggiare con una bottiglia che cosparge acqua per attenuare il fuoco, uno spiedino ha qualcosa infilzato a mò di serpente è la “stigghiola”, interiora di vitello o capretto o agnello intrecciate con cipolla scalogno che li rendono uniti e li profumano.
La loro cottura è un’arte, esse non devono perdere il preziosissimo grasso interno che il fuoco fonde e lo rende cremoso, e non debbono essere bruciate, l’abbrustolimento deve essere dolce e lento.
Alla fine staccata dallo spiedo con maestria verrà tagliata a pezzi e gustata con una manciata di sale e limone in abbondanza.
Quella di cucinare alla brace per i palermitani è una grande passione, e la grigliata appartiene ai giorni di festa che casualmente si presentano con il periodo della primavera e con le belle giornate all’aria aperta, la stigghiola è un avvezzo per non perdere questo piacere.


Una curiosità “linguistica”: nel dialetto siciliano “stigghiola” è detto di un uomo alto e sciocco (dall’antico tedesco “stihhl” e francese “esteil” = palo, pertica).


 


Alessandro, uno dei nostri collaboratori, mentre le prepara!!!